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Cooperative compliance il controllo preventivo

Cooperative compliance il controllo preventivo

Cooperative compliance il controllo preventivo

L’Agenzia delle Entrate, in forza del Dlgs n. 128/15, ha introdotto la cooperative compliance, cioè la presenza continua o saltuaria di funzionari della stessa in aziende con oltre 10 mld di fatturato, con lo scopo di controllare se le azioni compiute dall’impresa siano conformi alle leggi fiscali e civilistiche. Si tratta di un atto di civiltà e della nuova linea adottata dall’Agenzia sotto la guida della sua valente direttrice Rossella Orlandi.
Non più controlli a posteriori che cercano di fare danno alle imprese sane, cogliendo aspetti interpretativi delle norme applicate ai fatti che potrebbero non sembrare conformi alle leggi. Piuttosto fare in modo che le imprese stiano sul binario della regolarità e che quindi paghino tutto il dovuto, assicurando loro la tranquillità che non vi saranno verifiche a posteriori.
Ed è proprio la tranquillità fiscale che tante imprese agognano, per cui anche quelle che hanno un fatturato di 1 mld e non di 10, possono chiedere l’applicazione della cooperative compliance.Per la verità, la facoltà di chiedere il controllo preventivo dovrebbe essere concessa a tutte le imprese anche con fatturati minimi perché esse possano operare con tutta tranquillità, senza temere gli strali di chi con un controllo successivo, magari a distanza di anni, può stravolgere i loro conti economici.
Peraltro la collaborazione fra investigatori e imprese investigate è prevista dal rito amministrativo, secondo il quale chi verifica ha l’obbligo di chiedere chiarimenti e informazioni dal verificato, in modo da chiarire aspetti non evidenti, per evitare inutili contestazioni che intasano le commissioni tributarie e i Tar.
Va da sè che chi è in malafede, chi evade le imposte, chi si appropria dell’Iva sugli acquisti senza riversarla allo Stato, non ha alcun interesse a chiedere la cooperative compliance. Questo è il punto.
La pubblica amministrazione controllante, sia nel settore della previdenza, che in quello fiscale, e nel terzo non meno importante settore dei contributi pubblici, dovrebbe essere disponibile alla collaborazione preventiva per poi intervenire con vigore nei confronti dei cittadini disonesti: tali sono infatti quelli che evadono imposte e contributi.

Accennavamo prima al settore dei contributi pubblici. E' vero che i destinatari sono centinaia di migliaia e non potrebbero essere controllati tutti, ma vi sono società di revisione che certificano, perizie giurate nel settore delle attività imprenditoriali ed in quello dell’edilizia come strumenti di certificazione da parte di professionisti, per cui è d’obbligo la buona fede di ciascuno di essi. Salvo quando certificano il falso: in questo caso debbono essere messi in galera senza alcuna remora.
Quindi le diverse pubbliche amministrazioni dovrebbero essere ampiamente collaborative con chi collabora e fortemente punitive verso chi agisce contro l’interesse pubblico.
Ma questo modo di agire, bianco o nero, non si verifica, con la conseguenza che le imprese sono considerate in partenza come soggetti evasori o truffatori, con la presunzione di malafede tutta da dimostrare, su cui spesso gli investigatori prendono cantonate perché vanno a sbattere sul muro della verità che è diversa da quella che loro avevano immaginato.Chi controlla ha l’obbligo etico di cercare la verità, non di colpire indiscriminatamente i soggetti controllati. La capacità degli investigatori è quella di fare emergere sempre e comunque i fatti veri. Essi vengono denominati, “sbirri”, termine negativo, quando non cercano la verità, ma se ne immaginano una a loro uso e consumo, anche per fini di carriera.
In una società civile le Istituzioni non devono essere viste come nemiche o come soggetti vessatori, ma come soggetti capaci di diffondere nella comunità equità e giustizia. Quindi per primi devono essere capaci di equanimità.
È auspicabile che la cooperative compliance si estenda sempre di più scendendo nella piramide verso il basso a qualunque soggetto chieda il controllo preventivo. In questo nuovo clima, chi ha l’onere di controllare la buona fede dei percettori di contributi o di riscuotere imposte e contributi previdenziali a favore dello Stato, deve essere visto come chi esercita il proprio dovere e non come chi usa prepotenza.

Carlo Alberto Tregua

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