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"Che la morte mi colga in ottima salute"

"Che la morte mi colga in ottima salute"

“Che la morte mi colga in ottima salute”

Ricordate Marcello Marchesi (1912 - 1978), un mago dei calembour e della massima delirante? Un autore inesauribile come scrittore, sceneggiatore, regista cinematografico e teatrale, autore di programmi televisivi e radiofonici. Celebri i suoi aforismi. Per esempio “Ho fatto l’amore dappertutto meno che in una cabina elettorale. Là ho preso solo fregature”.
Uno dei più belli e veri, dice: “Che la morte mi colga in ottima salute”. Sembra una ovvietà, ma non lo è, anche perché tante persone si augurano di morire nel proprio letto e andarsene lentamente quasi come a scendere nell’oblio.
Ma non è così, perché spesso, purtroppo, ci si avvia nella strada delle malattie più o meno gravi che creano sofferenze, per cui si pensa alla morte del corpo come ad una liberazione dello spirito che invece sopravvive (almeno secondo me) e va nel mondo dell’energia.
La morte. Molti l’hanno raffigurata come la signora in nero, come uno scheletro che porta la falce, come una nemica che aggredisce e uccide. Tutte finzioni messe in atto, spesso artatamente, per colpire le menti deboli di coloro che non pensano, che non leggono, che non capiscono.
La morte è più semplicemente e meno tragicamente la fine naturale del corpo che è fatto di miliardi di cellule organizzate in maniera divina proprio perché il suo progettista è stato il Padre Eterno che non poteva che realizzare questa macchina perfetta che è il corpo umano. Il tutto inserito nel sistema dell’Universo di cui noi conosciamo una parte infinitesima. Ma, con l’enorme presunzione di cui siamo dotati, riteniamo di sapere, di sapere e di sapere, mentre in effetti non sappiamo quasi nulla.
Avere la consapevolezza della nostra pochezza potrebbe essere lo strumento per capire la cessazione del corpo e non averne paura, in quanto evento inevitabile e naturale.
Tante persone, soprattutto anziane, si lamentano di acciacchi, malattie più o meno gravi e hanno quasi un fastidio di doverne subire le conseguenze. Ma pochi mettono in atto meccanismi ed iniziative per ritardare l’invecchiamento, per prevenire gli acciacchi, per fronteggiare le avversità che colpiscono il nostro corpo.
Come fare? Tutti rispondono: migliorare lo stile di vita. Ma pochi mettono in atto azioni per realizzare questo obiettivo. L’abbiamo scritto più volte: usare, per esempio, la regola del due. Due litri al giorno di acqua, venti minuti al giorno di ginnastica, due chilometri di passeggiata e, possibilmente, due zin zin a settimana. E poi, regolare il richiamo della gola, non facendo prevalere il desiderio di cibo ma mangiando ciò che serve, che può essere anche gustoso. Dormire 6/8 ore, avendo mangiato poco o nulla la sera.
Certo la malattia grave e irreversibile ci può colpire ed anche in questo caso dobbiamo guardare avanti con positività anche al di là della soglia oltre la quale il corpo inizia il suo processo di trasformazione biologica.
Qualcuno sosteneva che tutti gli uomini siano uguali. Donde la domanda: “A chi?”. L’eguaglianza è un’utopia perché non è vero che gli uomini sono uguali, ma è vero che devono avere uguali opportunità.

In natura gli esseri viventi non sono uguali: il più grosso mangia il più piccolo per sopravvivere. Il più forte sopraffà il piu debole, ma si pensa che essendo gli uomini dotati di raziocinio, questi squilibri non dovrebbero avvenire. Anche questa è un’utopia perché, se così fosse, la natura umana sarebbe snaturata. Prendere atto di come siamo è il punto di partenza per trovare una convivenza accettabile ed una equità fra le persone umane viventi che consenta un minimo di comprensione e di condizione di vita.
Tanta gente parla di Servizio, ma altrettanto poca gente lo pratica. Tutti parlano di servire gli altri ma la peggior parte serve se stessa. L’egoismo dei nostri giorni è più forte di quello passato. Ciò accade perché il materialismo, conseguente all’ignoranza, dilaga sempre di più e ritiene che esso durerà sempre.
Ognuno ritiene normale la buona salute. Non è vero. Bisogna lavorare diuturnamente per poterla mantenere. Solo così si può sperare di arrivare al momento finale esclamando ancora: “Che la morte mi colga in ottima salute”.

Carlo Alberto Tregua

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